Un classico del canyoning in Sardegna: Le gole di Flumineddu-Gorropu, a cura di Franco Delogu

29.11.2012 16:42

                  

                         

Il rio Flumineddu nasce a due passi dal monte Fumai, vicino alla sorgente di Funtana Bona, nella foresta demaniale di Montes (Orgosolo). A differenza del Cedrino, del quale è affluente, si dirige verso NE attraversando il massiccio calcareo del Supramonte, separando il territorio comunale di Urzulei prima da quello di Orgosolo e poi da quello di Dorgali.
Nel corso dei millenni il Flumineddu ha inciso su questo territorio un lungo ed imponente canyon, fino ai primi anni ''70 non ancora completamente esplorato. La natura in questi luoghi ha agito con particolare intensità, generando grandi fenomeni carsici, gigantesche forre e buie foreste di lecci, ginepri e tassi. L'attraversamento delle gole di Flumineddu -Gorropu è perciò una affascinante avventura che consigliamo di vivere in due giorni, sia per apprezzare il bellissimo bivacco all'interno della gola, sia perché il percorso completo, senza l'utilizzo di mute da sub, richiede circa 15 ore di percorrenza piuttosto faticosa. Materiale necessario: due corde da 20 metri, imbragatura completa da canyoning, un canotto.

AVVICINAMENTO: dal chilometro 177,5 della SS 125 Orientale Sarda, in corrispondenza del passo di Genna Croce, si svolta a destra (arrivando da Dorgali) su per una ripida stradina asfaltata che contorna in senso orario Punta is Gruttas, e dopo una breve salita si scollina sul vasto pianoro di Campu Oddeu. Si prosegue verso N, costeggiando le creste di Costa Silana, per circa 2 chilometri. Poi lo sterrato piega ad Ovest e si comincia a scendere verso il rio Codula de sa Mela, che più a N diventa Codula Orbisi e si getta nel Flumineddu a Sa Giuntura, punto di confluenza tra il rio Flumineddu, il rio Su Titione e, appunto, la Codula di Orbisi. Questi tre apporti d'acqua si gettano tutti insieme nella gola di Gorropu (vedi IGM 1:25000 F.517 sez.IV Funtana Bona). Lo sterrato, superato un ponticello di cemento sulla Codula de sa Mela, risale ancora per circa 2 chilometri verso N, poi riprende a scendere verso Campos Bargios, punto di partenza dell'escursione. L'altopiano brullo di Campu Oddeu nel frattempo sta progressivamente lasciando spazio ad una delle più belle leccete dei Supramonti, dove in primavera è possibile, con un po' di fortuna, vedere delle enormi distese di peonie selvatiche.
Ad un certo punto lo sterrato arriva ad una radura dove c'é un ovile in muratura con un pannello solare sul tetto: siamo a Campos Bargios, punto di partenza dell'escursione.

GOLE DEL FLUMINEDDU: Parcheggiata l'auto ci si avvia a piedi per uno sterrato a sinistra, in direzione SO: dopo circa 700 metri si scavalca a destra una recinzione aiutandosi con una rudimentale scaletta di legno e si segue una pista in discesa verso l'alveo del Flumineddu. Presto ci si immette in una valletta asciutta e dopo qualche minuto di discesa, superato un cancelletto di legno, una pietraia a sinistra ci porta a fondovalle in corrispondenza di un'ansa del fiume molto caratteristica, a forma di ferro di cavallo. Ci si dirige a valle, verso destra, e da qui comincia l'avvicinamento al primo salto della gola.
Si cammina per circa un'ora o poco più, tra maestosi esemplari di tasso e leccio, e una rigogliosa macchia; a poco a poco il tranquillo percorso di fondovalle viene interrotto da sempre più ciclopici macigni, e i lecci cedono il posto alle felci ed al muschio.
In corrispondenza di una netta curva a destra del torrente, si raggiunge il primo salto di corda. L'attacco è sulla sinistra, e dopo una prima discesa di circa 4 metri si arriva ad un terrazzino con un altro attacco, che conviene utilizzare per rendere la discesa meno contorta. Dopo circa 15 metri di calata si arriva in fondo ad uno stretto e umido avvallamento del terreno. Si continua con varie contorsioni tra grandi massi, senza grandi difficoltà, fino al successivo salto, stavolta con arrivo in acqua. Sporgendosi un po' si intravede, dopo una verticale di una decina di metri, un laghetto di acqua scura e torbida, con il fondo invaso da grandi massi che rendono problematico il passaggio del canottino. Questo costringe i torrentisti a raggiungere la sponda opposta in maniera un po' acrobatica.


Superato il laghetto si continua la marcia in mezzo ai massi, superando due piccoli salti con l'uso di uno spezzone di corda, e altri passaggi sopra e sotto gli enormi macigni del fondovalle. In breve si raggiunge un piccolo saltino di due metri, con ancoraggio sulla sommità di un grosso masso, che conduce sul fondo di un toboga, reso scivoloso da un rigagnoletto d'acqua (il "toboga" è, letteralmente, un canale col fondo arrotondato, simile ad una pista da bob). Scendendo per qualche metro lungo questo toboga, con prudenza, si scopre uno splendido laghetto sormontato e quasi coperto da alte pareti, un angolo sempre in penombra, di straordinaria suggestione. La calata, di circa 5 metri, termina direttamente in acqua, sul canottino precedentemente calato. Dopo una quindicina di metri di traversata si approda in corrispondenza di due grossi massi da scavalcare. In alto a destra sono visibili due spit, oramai in cattive condizioni, che possono servire eventualmente per superare il laghetto in teleferica, cosa non necessaria ma molto divertente.
Proseguendo si trova qualche pozza d'acqua poco profonda, tanto da impedire il passaggio con il canottino, e costringere a pediluvi molto freddi. Appena il tempo di rinfrescare i piedi e una gradinata naturale conduce all'imbarco in uno splendido laghetto in grotta, formatosi all'interno di una cavità naturale. Questo incredibile scorcio di natura purtroppo è stato deturpato da un ignoto imbecille, che si è sentito in dovere di tracciare con la vernice verde una grande sigla (KI) sulla parete di roccia opposta alla direzione di arrivo. Per l'imbarco sul canottino è consigliabile utilizzare la corda, a causa di un ripido e viscido scivolo, a meno che non si metta in conto anche un bagno fuori programma. Si può raggiungere la riva opposta anche traversando sulla parete destra, ma solo se si è molto bravi e si affronta il traverso senza zaino, altrimenti vale il discorso di prima circa i bagni fuori programma. La sponda opposta di questo bellissimo laghetto è l'unica, in questa zona, che si presti ad un bivacco confortevole.
La notte in fondo alla gola del Flumineddu è inquietante e suggestiva. La presenza di mille rumori, i fruscii del vento e il monotono richiamo dell'assiolo riempiono il buio di sensazioni, si ha veramente una forte impressione di isolamento e solitudine.

 

L'indomani si affronta subito un'altra calata in corda doppia, a pochi minuti dalla partenza. L'attacco è nascosto in mezzo a grossi massi a destra, dentro una sorta di tunnel naturale. Superata una strettoia, dopo 5/6 metri si arriva sulla sponda rocciosa di un bellissimo laghetto contornato da una ricca vegetazione e incastonato tra le pareti calcaree, subito seguito da altre due pozze. Si potrebbe evitare questa serie di laghetti arrampicando a sinistra prima della calata, su uno spuntone calcareo che si protende verso di noi, e che conduce ad un traverso in alto sopra i laghetti tramite un sentierino, pericoloso perché inclinato verso lo strapiombo e invaso da brecciolino instabile. Da questa ultima calata, per qualche ora potremo fare a meno dell'imbragatura. Si prosegue e la gola si allarga: si arriva ad una grande radura con le pareti abbastanza basse da permettere due uscite. A destra si va verso l'ovile di Campos Bargios, a sinistra una traccia quasi invisibile (Iscala de Simone) sale verso Cuile Presetu Tortu e Nuraghe Mereu, nel Supramonte di Orgosolo.
Continuando sul fondovalle comincia la bella e divertente traversata del ramo dei laghetti, formato da decine di pozze d'acqua: è un continuo traghettare con il canottino, con imbarco talvolta acrobatico (attenti ai voli in acqua...). Dopo circa tre ore, quando si comincia a intuire che si esce dal Flumineddu e si arriva a Sa Giuntura, una marmitta profonda e asciutta ci sbarra la strada: è aggirabile sulla destra, sfruttando uno spezzone di cordino fissato alla base di un cespuglio.

Le pozze si fanno sempre più piccole e le pareti della gola si abbassano: siamo ormai a Sa Giuntura, punto di confluenza di tre torrenti, come già detto. La scenografia è splendida e imponente, questa è una zona che in occasione di forti precipitazioni è soggetta a piene spettacolari, con enormi valanghe d'acqua che formano cascate e si infilano con fragore dentro la gola di Gorropu, poco più avanti. Sulla destra si vede la ripida salita di Ischina 'e s'Arraiga (La schiena della radice), stretta cresta di roccia che separa il canyon di rio Flumineddu da quello di Codula Orbisi e si dirige in quota, verso gli insediamenti pastorali di Sedda ar Baccas prima e Campos Bargios dopo. Sulla sinistra la salita di Costa Mammaluccas che porta alla zona dei nuraghi Gorropu e Mereu.


GOLA DI GORROPU: Proseguiamo dritti, seguendo la via d'acqua che si dirige verso l'immenso imbocco della gola di Gorropu, impressionante per la sua vastità. Appena all'inizio della gola si arriva ad un bel laghetto dall'acqua cristallina, che dopo quella scura e melmosa del Flumineddu invoglia ad un bagno ristoratore. Ci sono tre possibilità di superare il laghetto: attraversando sulla parete sinistra imbragati ad un cavo d'acciaio e scendendo sulla riva con una facile arrampicata, oppure attrezzando su anello d'acciaio una calata di cinque-sei metri direttamente sul canottino, o proseguendo in alto sulla sponda destra fino a calarsi per circa 20 metri oltre il laghetto (armo su un albero).

Proseguendo per qualche minuto si intercetta a destra un passaggio che, sfruttando una viscida rampa, permette di superare agevolmente una pozza e arrivare ad una vera perla della gola di Gorropu: il lago-sifone, chiamato cosi' perchè contenuto dentro una cavità naturale che lo rende simile ad un laghetto di grotta. La via classica prevede la calata a sinistra fino all'acqua (quattro metri), l'attraversamento del lago-sifone in canotto e, direttamente da questo, una ulteriore calata attraverso una finestra nella roccia fino al fondovalle, pochi metri più sotto. In alternativa è stata attrezzata sulla destra una via ferrata su cavo di acciaio divisa in due tratte: la prima, di circa 5 metri nel vuoto e con percorso in leggera salita, conduce ad un terrazzino, la seconda comincia da questo terrazzino e con circa 8 metri appoggiati contro parete porta ad un davanzale rialzato rispetto al fondovalle. Di qui si può scendere o con una calata in corda doppia di circa 10 metri, o contornando la paretina di destra (verso un alberello) e scendendo da una facile franata. Sia il lago-sifone che le ferrate sono evitabili, a loro volta, arrampicando a sinistra prima di arrivare alla pozza che precede il lago.sifone, passando dentro un visibile foro nella roccia, traversando su cavo di acciaio e scendendo a fondovalle attraverso una franata.


Una volta tornati giù rimangono da superare, dopo circa 150 metri, due stretti crepacci consecutivi invasi dall'acqua. In certi periodi di siccità questi si possono guadare con l'acqua al ginocchio, altrimenti bisogna cercare sul lato destro una traccia di sentiero che sale e scende nuovamente, tramite un ripido scivolo, fino ad un diaframma tra i due laghetti (attenti, il sentierino è molto franoso). Una volta scesi tra le due pozze, si può guadare la seconda con il canotto, oppure aggirarla sulla sinistra salendo in arrampicata e poi calandosi oltre l'acqua per una decina di metri armando su un alberello.
A questo punto della gola non si trovano più pozze, ma un paio d'ore di percorso piuttosto faticoso e impegnativo tra i massi. La tortuosità del tracciato costringe a numerosi passaggi di facile arrampicata, ora in opposizione ora impugnando dei cordini, annodati per facilitare la presa. Ogni tanto dei segnali di pietre aiutano a scegliere il percorso migliore.
Si entra cosi' nel tratto più ingolato, quello che ha dato a Gorropu la fama di canyon più profondo d'Europa: le pareti che ci sovrastano salgono per oltre 400 metri sopra le nostre teste, ci si sente infinitamente piccoli di fronte alla maestosità di certi fenomeni naturali. Si prosegue in questo grandioso ambiente fino ad uscire dalla gola in corrispondenza della risorgenza, riconoscibile in un piccolo e limpido laghetto a destra.
Siamo ormai arrivati alla testata della valle di Oddoene, il paesaggio si apre e la macchia mediterranea riprende il sopravvento sul muschio e sulle felci. Ma la fatica non è ancora finita: dobbiamo ancora arrivare alle auto che ci riporteranno a casa, dipende da dove le abbiamo lasciate ad aspettarci. Appena dopo la risorgenza abbiamo due possibilità: un po' avanti a destra un ripido sentiero che in due ore di faticosa ascesa arriva al passo di Genna Silana, circa 650 metri più in quota; subito a sinistra, un evidente sentiero esce dalla gola e si innesta su una dissestata pista per fuoristrada che in due ore circa, senza grossi dislivelli, ci porta fino al ponte S'Abba Arva (l'acqua bianca), sul Flumineddu: qui arriva una strada, quasi interamente asfaltata, che arriva da Dorgali, distante circa 10 chilometri.
Ora l'escursione è veramente finita: mentre la fatica si dimentica in fretta, di queste due giornate di avventura in mezzo alla natura non può che restare un bellissimo ricordo.
Franco Delogu

ATTENZIONE: La recente piena dovuta al ciclone Cassandra ha strappato via tutti gli armi, compresi quelli di acciaio, dunque prima di avventurarvi informatevi se la percorribilità é stata ripristinata, oppure munitevi del materiale da armo, per evitare di rimanere bloccati all'interno del canyon.