Ricordo di Bruno Piredda, a cura di Franco Delogu

05.01.2014 13:51

 

      Anche se ho avuto una lunga carriera di speleologo, cominciata nei primi anni '70, non avevo mai conosciuto Bruno Piredda, mitico fondatore del Gruppo Grotte Nuorese. Di lui avevo solo sentito racconti e letto articoli riportati su varie riviste, compresa Gruttas e Nurras, il notiziario del Gruppo Grotte Nuorese. Sapevo che si era ritirato dall'attività perché molto avanti negli anni, e che si era trasferito in una casa di campagna a Marreri, vicino a Nuoro.

      Nella primavera del 1992 l'associazione della quale ero Presidente, lo Speleo Club di Nuoro, organizzava un corso di secondo livello (regionale) su vari argomenti di carattere speleologico, con diversi ospiti e relatori provenienti da tutta la Sardegna. Per motivi logistici il corso si teneva in una casa di campagna vicino a Nuoro, e piuttosto vicino anche alla casa dove abitava Bruno Piredda.

     Durante la pausa pranzo della seconda giornata del corso, chiesi al Presidente della Federazione Speleologica Sarda, Angelo Naseddu, se sapesse dove era la casa di Piredda e lui mi rispose affermativamente. In un attimo ci mettemmo d'accordo per andarlo a trovare, a noi si unì il fortissimo speleosub dorgalese Leo Fancello, e tutti e tre saltammo in macchina.

     Per un motivo che non mi so spiegare, io immaginavo Bruno Piredda uguale a quello che appariva nelle foto di molti anni prima, quando era in piena attività. Il primo impatto mi aveva lasciato disorientato: davanti a noi c'era un vecchio minuto e magrissimo, con una curiosa cuffia a punta che faceva risaltare ancora di più la sua magrezza. Ma bastò che lui parlasse, e tutto il fascino magnetico di quest'uomo venne fuori: era normale pendere dalle sue parole, e stare molto attenti a non perdere una sola sillaba di ciò che diceva. La sensazione di trovarsi davanti ad un mito vivente era fortissima, tangibile.

     Prese un foglio da una catasta disordinata di ritagli di carta e quaderni di appunti, e cominciò a leggere. Si trattava di un emozionante racconto di quando, dentro la grotta del Bue Marino, a Dorgali, si era imbattuto in un cucciolo di foca monaca, l'aveva preso tra le braccia, e il cucciolo aveva cercato il seno per succhiare il latte.

     Dopo la lettura consegnò il foglio ad Angelo, perché lo facesse pubblicare sul primo numero di Sardegna Speleologica, il notiziario della Federazione Speleologica Sarda, che stava per uscire.
     Qualche mese dopo questo corso, in settembre, il mio gruppo teneva un altro corso, di avviamento base alla speleologia, come ogni anno. Mi venne in mente di introdurre nel programma una lezione sulla storia della speleologia sarda, e chiesi a Bruno Piredda di intervenire.

     Arrivò in sede accompagnato da due giovani soci del Gruppo Grotte Nuorese, lento e malfermo sulle gambe a causa dell'età e dei vari acciacchi: catturò subito l'attenzione dei nostri corsisti, che intuirono subito di trovarsi davanti a una persona fuori dal comune: ascoltavano le parole di Bruno Piredda sbalorditi da quanta energia e carisma emanasse da quest'uomo. Le sue parole venivano spesso interrotte da applausi scroscianti, tanto che dubitavo che riuscisse a terminare il suo intervento. Non avevo mai visto una cosa del genere!

     Questi sono i pochi ricordi che ho di un uomo straordinario, vero pioniere della speleologia in Sardegna. Non lo rividi più, pochi anni fa ho appreso la notizia della sua morte, avvenuta nella casa di Marreri. Oggi il progresso tecnico dei materiali speleologici é evidente, ma non possiamo non pensare a ciò che questi uomini speciali hanno fatto, con scarse conoscenze e con materiali rozzi e autocostruiti.  E, con un pò di retorica, verrebbe da dire che... gente così é di altri tempi.

                                                                                                                           Franco Delogu