Il trekking più difficile d'Italia: il Selvaggio Blu, di Peppino Cicalò e Mario Verin.

20.12.2012 18:51
   Sa Nurca 

Di seguito viene riportato il percorso originale del sentiero "Selvaggio Blu", definito il trekking più difficile d'Italia: un percorso che richiede capacità alpinistiche, conoscenza delle tecniche di corda doppia e senso di orientamento. Il testo é quello di chi ha aperto questo sentiero, la coppia Peppino Cicalò - Mario Verin con la collaborazione di altre persone (Piero e Verena, che non conosco). La descrizione viene riportata anche perché a volte sussistono grandi dubbi sul percorso, tanto che molte guide, preoccupate della insufficiente capacità e preparazione dei loro ospiti, evitano i tratti più difficili, snaturando il Selvaggio Blu e spacciandolo per quello originale. A volte percorrendo dei bellissimi sentieri ma che si dovrebbero chiamare in altro modo: non certo Selvaggio Blu.
Il Selvaggio Blu richiede, per essere percorso, circa 6 giorni, e a causa di numerose calate in corda doppia, si può percorrere solo in direzione nord, e non il contrario. Altro problema é rappresentato dalle scorte di viveri e soprattutto di acqua: non é possibile portare nello zaino l'occorrente per 6 giorni, per cui si é soliti dislocare scorte lungo il percorso, entrando dalle vie di fuga, in genere codule, che si incontrano lungo il percorso.                                                                                                     
Franco Delogu.

 

Cartografia I.G.M. del percorso. 

 

Itinerario "SELVAGGIO BLU"
Descrizione dell'itinerario da Guglia a Guglia.

     Da Pedra Longa, raggiungibile con una strada asfaltata che inizia a sud di Baunei sulla Orientale Sarda, si va in direzione nord, fin sotto lo sperone est della Punta Giradili, da qui si sale in direzione dello sperone e per sentieri poco accennati, fatti per lo più dalle capre, si sale verso la grande parete sud-ovest. La si traversa tutta, salendo per una meravigliosa cengia con sentiero che la taglia in due, fino dove finisce.Si arriva così fino all'ovile Duspiggius, si sale in direzione nord, poi per un accenno di sentiero si aggira il Bacu 'e Seneghe e si va verso la Funtana Grutta Abbas. Da qui senza difficoltà si costeggia la grande falesia fino al capo, quota 288, sulla Grotta dei Colombi. Risaliamo 100 metri il Bacu, poi superiamo la parete a nord, e costeggiamo la falesia verso nord, si cammina qui su un terreno calcareo a spunzoni verticali molto pericoloso, la vegetazione si fa più aggressiva e quando arriviamo al Bacu Tenadile diventa problematica. Dovremmo essere arrivati in un punto dove é logico scendere per una piccola valletta che entra nel Bacu, ci si tiene un pò a sinistra e si dovrebbe così arrivare ad un camminamento su una paretina fatto con tronchi di ginepro dai pastori, lo si segue e si entra nel Bacu. Si risalgono alcuni metri, poi si sale la parete di destra per un acciottolato con alberi che ci conduce ad un altro camminamento con tronchi di ginepro che sale a destra: superatolo siamo in una piccola conca dove noi abbiamo bivaccato la prima volta. Se non trovate il primo camminamento per entrare nel Bacu Tenadile, risalite la sua sponda sud sul bordo per 2-300 metri guardando con attenzione e ne troverete un altro, che scende sempre sulla sinistra e che poi vi condurrà nello stesso luogo di prima scendendo il Bacu e risalendo poi a sinistra. 
     Nella conca ci sono varie possibilità per superare la sua parete nord. Quella scelta da noi é la risalita di una piccola parete quasi sul limitare destro, su ottima roccia e buoni appigli, si sale direttamente (III; forse IV-; 30 m.) fino sul pianoro sovrastante.
     Da qui sempre costeggiando la non alta ma bellissima falesia e perforando come talpe una feroce vegetazione arriviamo a quella perla che é Portu Pedrosu, da qui con una breve traversata si arriva a Portu Quau, anche questo bellissimo: Siamo qui nel Bacu Maore, che é anche una eventuale via di fuga, perché conduce a una strada che percorre tutto lo spartiacque fra la valle di Golgo ed il mare, e con la quale si può scendere ad As Piscinas.
     Si risalgono alcuni metri del Bacu fino a che troviamo sulla destra un sentiero che si inoltra nella vegetazione verso nord, siamo qui su uno dei sentieri fatti dai carbonai nel 1860 per portare al mare il carbone. Stiamo percorrendo comodamente tutto il Giroves 'es Cambules, fino dove il sentiero poi si inoltra a mezza costa in una valle. Qua prima di entrare nella mezza costa, c'é un'altra via di fuga che per un sentiero abbastanza tracciato risale prima verso sud poi ovest, fino alla strada sullo spartiacque alla quota 656. Continuando il nostro sentiero, si aggira la prima valle, poi una seconda, poi lo si perde nel risalire dopo una carbonaia, ma si va direttamente verso la falesia sul mare. La si costeggia, perché é più facile percorrere il bordo a causa della rocciosità degli alberi, fino dove é possibile, poi si va con una mezza costa alla punta della Serra d'Argius dalla quale si può vedere la guglia di Goloritzé.
     Da qui grossi strapiombi impediscono di procedere, perciò si punta a ovest risalendo verso quota 490 dove c'é un meraviglioso ovile antico. Qua per un'altra via di fuga si può arrivare alla stessa quota 656 sulla strada bianca prima descritta. Da qui per pianori vegetati si va a Punta Salinas, poi un poco più a nord ad un balcone panoramicissimo dal quale si vede la guglia di Golotitzé, si ritorna a Punta Salinas, e per una valle alberata e scoscesa si scende verso il Bacu che ci porta alla Cala di Goloritzé.

Descrizione dell'itinerario da Cala a Cala.

     Questa seconda parte del sentiero é molto più difficile della prima.

Attrezzatura obbligatoria fino all'ovile Ololbizzi:
Una corda da 9 mm. di almeno 30 m., una cintura da arrampicata e il materiale per fare una corda doppia, pedule per camminare che siano adatte ad arrampicare, e qualche cordino.
Dopo l'ovile Ololbizzi é necessario avere due corde da 45 m.

Da Cala di Goloritzé risalire il Bacu fino all'uscita di una piccola valle che scende da destra (10 minuti), la si risale in direzione NO su enormi massi gialli, caduti per una frana recente, fino a dove termina. Siamo così di fronte ad una parete (il toponimo é Boladina) che con una breve arrampicata, prima su di un tronco messo appositamente dai pastori, poi per una non facile paretina (IV+, 20 m) ci porta in un canale (attenzione ai sassi) che si risale fino ad un altro salto, anche questo con un tronco che ci facilita la risalita (5 m). Superatolo ci troviamo in un piccolo bacu che attraverso varie mulattiere dei carbonai e alcune carbonaie ci porta ad un passo.
Da qui si sale il fianco ovest della Serra 'e Lattone (in direzione est) per un evidente sentiero fino ad un bellissimo ovile, dal quale sempre salendo si arriva sulla cresta della Serra 'e Lattone. Si prosegue ora in direzione NNO per la sua cresta, dopo 500 m. circa un accenno di sentiero scende verso il mare, e se si vuol vedere un meraviglioso panorama sulla insenatura di Goloritzé e sulle spiagge di Ispuligi si deve scendere fino allo sperone a est della quota 477. Da qui, si ritorna sui nostri passi  sulla cresta e si prosegue in direzione NNE fino alla fine della cresta sul balcone naturale oltre la quota 528. Da qua si può vedere la punta Mudaloru. Si ritorna indietro di circa 200 m fino a dove é facile scendere sul versante ovest, si traversa andando verso N sotto la cresta percorsa prima fino ad un colle dal quale é possibile scendere il pendio ghiaioso che conduce al mare.
Si scende costeggiando sulla sinistra fino ad incontrare una cengia sempre sulla sinistra, la si segue fino a dove é sbarrata da una rete messa dai pastori per non fare passare le capre, la si salta e siamo così sul proseguimento della cengia che si segue per circa 300 m fino ad un canale che scende. Lo si segue fino a dove diviene ripido (fare molta attenzione), quando si vede che si può uscire a destra sotto delle rocce verticali, si traversa e si scende circa 30 m e con molta attenzione si arriva sotto a una cengia strapiombante, dove da una sosta (lungo chiodo a espansione di 10 cm), con una corda doppia di 14 m si arriva sulla cengia sottostante (il percorso dalla rete fino al chiodo a pressione é segnato con segni rossi, data la sua pericolosità).

Siamo così su di una grande cengia poco sopra il livello del mare, si prosegue in direzione N sotto grandissime grotte e su un terreno piastrellato di stalagmiti seguendo una evidente traccia di capre fino a dove questa si perde sulle rocce. Siamo qui sul capo a N della Punta Mudaloru, per aggirarlo si segue una piccola cengetta in salita, a forma di mezza luna, che con un gioco di equilibrio ci fa contornare il capo, si segue poi la traccia di capre fino sulla carbonaia di Bacu Mudaloru (qui proprio sul mare dovrebbe esserci una sorgente perenne).
Da qui per il Bacu Mudaloru é possibile tornare indietro verso la piana di Golgo in circa un'ora e mezza.
Dalla carbonaia si traversa qualche metro verso N, fino ad un evidente canale che scende dalla sinistra, lo si risale (segni rossi), fino quasi al bordo superiore delle rocce, da qui seguendo sempre i segni rossi si traversa a destra e si segue una traccia di sentiero che con difficoltà ci porta sotto le rocce sommitali del Bruncu d'Urele. Fine dei segni rossi.
Da qui traversando sulla sinistra sotto le rocce sommitali e contornando un costone si arriva ad un passaggio fatto dai pastori, dal quale attraverso un cancello di tronchi si accede alla cresta sommitale del Bruncu d'Urele, dalla quale andando in direzione ovest si arriva in pochi minuti all'ovile di Ololbizzi sulla strada che poi ci conduce alla piana di Golgo.
Il sentiero continua traversando sotto le rocce sommitali in direzione N per circa 100 m poi scende per detriti fino a contornare la parte bassa del pilastro che é poco più a nord, lo si contorna sopra una cengia che ci conduce a un piccolo anfiteatro dal quale con una corda doppia di circa 15 m (da un piccolo albero) si arriva nel bosco sottostante. Da qui si scende verso sinistra fino ad arrivare ad un anfiteatro che si contorna a fianco di un caratteristico muro concavo di roccia alto circa 3 m che con un giro in senso orario ci conduce a un passaggio obbligato sulla sinistra, una piccola crestina di 10 m (III). La si sale fin sotto delle rocce verticali che ci obbligano ad andare a destra, si scende poi in direzione del mare per circa 100 m, si traversa a sinistra fin dove la cengia finisce, qui per un tronco messo dai pastori si sale su un'altra cengia dalla quale si arriva ad un bellissimo passaggio attraverso un foro nella cresta di roccia che scende al mare: seguire la cresta, il luogo é panoramico.
Passato il foro, si traversa a sinistra (20 m, II, poi III) fino sopra un albero dal quale poi per un tronco (5 m) inciso a gradini dai pastori, si può con difficoltà scendere nel Bacu Feilau. Si risale il bacu nel suo letto per circa 300 m fino dove é sbarrato da rocce, si sale a destra su ghiaie fino ad incontrare un sentiero che sale verso destra, lo si segue fino a dove supera il salto di rocce che delimita il bacu poi si segue il sentiero che sale verso sinistra in direzione OSO. Si  segue il sentiero fino a dove entra nel versante opposto a pochi metri dalla strada che ritorna a Golgo. Da qui si sale in direzione nord, all'ovile Ololbizzi, si valica la cresta alla sua destra, poi per una traccia di sentiero (segni rossi) si costeggia sulla destra la  cresta della Scala Oggiastru. Siamo qui su un grande costone con vista sul mare, si prosegue fino a che si arriva improvvisamente allo splendido ovile di Mancosu in un anfiteatro naturale con un altrettanto splendido olivastro. Campi solcati nella roccia approvvigionano alcune piccole vaschette di acqua accuratamente ricoperte con pietre per impedirne l'evaporazione.


Dall'ovile si torna un poco indietro, cinquanta metri circa, si scende una cinquantina di metri, per un passaggio non facile da individuare, in un anfiteatro che si segue per la sua pendenza in direzione del mare fino a che si incontra un passaggio tra le rocce, che seguito sulla sinistra ci porta in una stretta gola, Sa Nurca, fra la parete e una bellissima torre staccata, la si segue fino alla sua uscita (se si contorna la torre a destra siamo su di un meraviglioso balcone sul mare in uno dei luoghi più caratteristici del sentiero) e seguendo la parete sulla sinistra e scendendo si arriva su un ballatoio dal quale con una corda doppia da un albero (23 m) si scende sulla cengia sottostante. qui forando la vegetazione sulla sinistra si arriva al termine della cengia da dove per un chiodo a pressione (lungo 10 cm) con moschettone si scende con una corda doppia (45 m) sul pendio di Biriola.
Si scende nel bosco per circa 300 m tenendosi un poco sulla sinistra fino a incontrare un sentiero che si segue in orizzontale per circa mille e duecento metri, si supera un costone, con una mulattiera molto evidente, poi sempre orizzontalmente il sentiero continua verso nord, lo si segue per altri 500 m fino a un caratteristico passaggio su un pilastro sotto Su Strumpu. la mulattiera é stata scavata nella roccia del pilastro, il tutto a picco, duecento metri sopra il mare. Ora il passaggio é chiuso con dei tronchi per impedire il passaggio delle capre. (Questa opera che non sembra tipica della cultura pastorale portebbe essere stata costruita dai carbonai per avere accesso al grande bosco successivo).
Si attraversa il pilastro, si sale sotto grandi strapiombi per la mulattiera che fa una esse e si entra nel bosco successivo che si traversa orizzontalmente per circa seicento metri (attenzione ai sassi che possono cadere dall'alto), seguendo una traccia che piano piano diventa sempre meno evidente. Si arriva così alla fine del bosco, si scende costeggiando la grande parete, fin dove possibile.
Siamo qui con il mare sotto, ai bordi di un grande strapiombo, si sale alla nostra sinistra un diedro verticale (IV+, 10 m) fino ad una sosta ad un precario albero di ginepro, poi si traversa orizzontalmente a destra fino ad un grande ballatoio circolare (friabile, IV, 2 clessidre, 10 m, all'interno del ballatoio a sinistra, grande clessidra di sosta), si contorna in senso orario il ballatoio e si esce salendo a sinistra sulla spalla che delimita il versante della Costa di Sisine. Si sale verso destra fino sulla verticale della parete che si deve scendere in corda doppia, (albero di leccio con cordino e moschettone. E' consigliabile prima calare lo zaino, 45 m strapiombanti).
Siamo ora nel bosco della Costa di Sisine, la si traversa alla meno peggio (questo é il tratto più vegetato dell'intero percorso), fino ad una grande frana dalla quale si può vedere la bella guglia che si affaccia sulla Cala Sisine, la si percorre sul suo labbro superiore fino ad entrare su una piccola cengetta che poco dopo finisce. Un'ultima corda doppia (25 m) ci porta ad un ovile accostato sotto lo strapiombo, per sentieri evidenti, poi si scende alla spiaggia di Cala Sisine.                                                                                  

                                                                                                             Peppino Cicalò - Mario Verin