Grotta di Su Enapru a Lula, di Mario Forroia.

16.12.2017 00:05

 

Sala concrezionata
 
 

Tratto da: Speleo Club Nuoro, 25 anni nelle grotte della Sardegna, 2016
 

Nei pressi di Monte Pizzinnu, nel Monte Albo, c’è una zona molto interessante: Su Bufalu. Dove il mio gruppo, conduce ormai da anni intense campagne esplorative. Nel lontano 2004 ancora non la conoscevo.. Decido quindi di documentarmi e andare a fare quel benedetto giro in zona. Il tempo è bruttissimo, le previsioni danno piogge e temporali estesi. Mi sono detto “è il tempo ideale per fare ricerca come dico io” con tutta quest’acqua si può trovare qualcosa di veramente interessante.

Parto da Bitti in direzione della catena del Monte Albo, zona Monte Pizzinnu. Arrivato sul posto, parcheggio il mio pandino, indosso l’impermeabile, prendo lo zaino e mi metto in cammino lungo il sentiero che porta a su Bufalu. Arrivo nella piana mentre era in corso un vero e proprio diluvio, tanto da rendermi conto dei percorsi che segue l’acqua. Oltrepasso il cancello e percorrendo la piana, mi avvicino al ruscello che in questo momento è diventato un fiume e penso: “ quasi quasi lo seguo per un po’ per vedere dove va tutta quest’acqua!”.


Pisoliti

Arrivo in un punto dove l’acqua si incunea dentro un roveto facendo molto rumore. Non tutta però viene assorbita dall’inghiottitoio nascosto dentro il roveto e quella che non riesce a caderci dentro, va avanti nel letto del ruscello continuando il suo percorso naturale. Proseguo seguendo ancora il fiume che però sparisce in un secondo interessantissimo inghiottitoio a circa 300 m dal primo. E’ una specie di dolina circondata da buchi di assorbimento uno dei quali in particolare inghiotte l’acqua del ruscello che viene dalla piana di Su Bufalu. A giudicare dalla portata dell’acqua che riesce ad inghiottire penso che potrebbe essere benissimo una delle tanto ricercate porte che conducono dentro l’ipotetico sistema carsico di Locoli. Soddisfatto della scoperta ne do notizia al mio gruppo.

Qualche tempo dopo mi trovo di nuovo a su Bufalu, come sempre solo soletto, preso dalla mia malattia “la speleotite”, alla ricerca morbosa di grotte nuove. Magari non troverò niente, se non altro passerò una giornata rilassante anti stress, lontano dai problemi di tutti i giorni. Armato di forbici per potare, mi inoltro dentro un fittissimo bosco alle pendici di una collinetta calcarea alla ricerca di quello che sogno ogni notte. A un certo punto trovo un buco di circa un metro per cinquanta. Sono tanti i buchi che ho trovato da quando faccio speleologia, e quasi tutti sono una delusione continua. Penso quindi che anche questo sarà l’ennesima delusione. Deido comunque di segnalarlo, nell’eventualità di tornare a sbirciarci dentro.


Testa di muflone.

Il giorno che sono ritornato per controllare ero in piacevole compagnia del decano del nostro gruppo Santino Forense.. Ci diamo appuntamento su anella sua vigna ad Irgoli. Arrivato da nonno Santino (come lo chiamiamo affettuosamente noi del gruppo) ,mi accorgo che dalla fretta mi sono dimenticato l’imbrago. “Non preoccuparti” mi dice lui, “prendiamo il mio”. Così ci mettiamo in cammino in direzione del Monte Albo.

Appena arrivati in località Saderi parcheggiamo l’auto e ci incamminiamo nel sentiero che porta a Su Bufalu. Dopo una mezz’oretta di camminata arriviamo nel buco che dobbiamo controllare. Mettiamo gli zaini per terra e mentre rifletto sul da farsi, Santino si affaccia nel buco, prende una pietra e la tira dentro. Chissà per quale motivo non ci ho pensato io a fare un gesto così semplice e naturale per chi fa speleologia… forse ero deluso dei tanti buchi trovati che non vanno da nessuna parte ho pensato che anche questo era come quelli. Appena Santino ha buttato il sasso, si


Micro vaschette.

 

è sentito un continuo echeggiare e ruzzolare della pietra. Ho pensato “Ma allora ci dev’ essere qualcosa di interessante!” chiedo a Santino “chi scende per primo? - Scendi tu?”- Lui mi dice “No! scendi tu!” .“Va bene “- rispondo.

Indosso la tuta e mi metto l’attrezzatura, fisso la corda ad un albero vicino e scendo. Dopo circa 3-4 metri e mi ritrovo su di un terrazzino inclinato. Guardo intorno e mi rendo conto che sono sulla sommità di una sala. Santino mi chiama e mi chiede “Mario allora cosa c’è? - E’ largo! Sono sopra di una sala” gli rispondo “Non so quanto sia grande perché è buio, ora continuo a scendere, ci sentiamo dopo”. Lui mi risponde che va bene.

Mentre scendo sento un misto tra emozione e paura, il cuore mi batte forte, scendo con lentezza sulla corda fino a quando metto piede per terra, sono emozionato, mi sento come gli astronauti quando hanno messo il piede sulla luna per la prima volta. Mi tolgo il discensore e mi guardo intorno, mi rendo conto che sono in una sala di circa 10 metri di larghezza e altrettanti di lunghezza, l’ambiente è molto concrezionato. A pochi metri da me noto una bellissima concrezione a forma di orecchio di elefante, tutta ondulata come fosse una tenda. Più in là in fondo alla sala, dove lo sguardo si fa più vago e meno nitido si intravede un colonnato e davanti a me un raggio di sole che penetra dall’ingresso della grotta, dà un ulteriore fascino all’ambiente. Scendo camminando con estrema lentezza verso l’interno della cavità e arrivo ai piedi dei colonnati. Qui la tensione e l’emozione arrivano alle stelle, ho una sorta di tachicardia, mi chiedo… ma dove sono? Dove sono entrato? Non pensavo che il paradiso fosse sottoterra!!! Sono entrato dentro un vero tesoro, tutto e candido e rilucente, il pavimento cosparso di bellissime e delicatissime micro vaschette bianche, nella volta ogni sorta di immaginabile concrezione, stalattiti, cannule, orecchie di elefante, stalagmiti, lo sguardo non sa dove posarsi, dappertutto c’è meraviglia e bellezza.


Interno della grotta


Drappeggi di vele traslucenti.

Continuo e con cautela mi accingo ad entrare in una stanzetta sulla destra dove c’è un meraviglioso orecchio di elefante la cui vista toglie il fiato, con i suoi bellissimi colori a strati alternati, color avorio, arancione e marrone, tonalità date dagli ossidi di ferro e le argille La oltrepasso e mi introduco in un piccolo pertugio della stanzetta, molto concrezionato con delle stalattiti di calcite cristallizzata.

Esco e mi dirigo in fondo alla grotta dove un passaggio basso, da fare a carponi tra i colonnati, mi conduce nella sala finale della cavità. Quest’ultima è più ampia e alta della precedente con una leggera pendenza. Prima di andare in perlustrazione di questa sala noto sulla sinistra un graziosa saletta molto concrezionata sul fondo della quale c’è un piccolo teschio cristallizzato che brilla alla luce del mio casco. Mi avvicino per guardarlo meglio, è bellissimo, completamente ricoperto di cristalli di calcite; sembrerebbe un piccolo erbivoro, forse un capretto o un agnellino oppure un mufloncino … chissà come ci è arrivato.

Continuo l’esplorazione della cavità, passo dalla parte sinistra e resto a bocca aperta, perché ogni angolo della grotta è meraviglioso, non so dove posare gli occhi. Arrivo al punto più profondo, nei pressi c’è un rivolo d’acqua che si infila in un piccolo inghiottitoio, un punto dove si potrà lavorare nei giorni a venire. Da lì a pochi metri trovo, con grande stupore, quello che diventerà il simbolo, l’emblema, il tesoro più prezioso di questa grotta, non riesco a credere ai miei occhi. In quel momento mi rendo conto di avere fatto una scoperta veramente straordinaria: le ossa, trasportate e depositate da chissà quale antica piena, di un muflone oramai concrezionato e saldato

al pavimento di una nicchia nel punto più profondo della cavità. Mi fermo, incantato da tanta bellezza ad ammirare questo capolavoro unico della natura. Sono così belle che non riesco a distogliere lo sguardo da quelle ossa che alla flebile luce del mio casco sono un continuo luccichio, un bagliore riflesso di luce che gli dà un fascino particolare. Sono i cristalli di calcite e aragonite che le fanno brillare.


Cranio di volpe.

Estasiato da tanta bellezza mi avvio verso l’uscita pensando che il caro nonno Santino avrà messo le ragnatele nell’aspettarmi. Esco fuori ancora euforico e sbalordito. Appena fuori, Santino mi chiede“Allora, com'è?”. In quel momento di grande euforia non sono riuscito a parlare, le uniche parole che sono riuscito a dire sono state “C’è un muflone concrezionato!!”.

Ora che sono fuori il mondo mi sembra più buio, più spento, dopo aver visto tanta maestosità e ineguagliabile bellezza, non si può non essere stupiti della grandezza di madre natura, mi sento come il sommo poeta Dante Alighieri quando uscì dai tre regni divini. Qui, in questo momento, inizia la storia di un altro mondo nelle viscere del Monte Albo… la storia di Su Enapru.

Mario Forroia  (Speleo Club Nuoro).