Intervista a Franco Delogu

 

 

 

 

 

Franco Delogu, nuorese di 64 anni, speleologo ed escursionista. Da decenni frequenta le grotte e i sentieri del Supramonte. E' stato tra i fondatori dello Speleo Club di Nuoro, e del Gruppo Esplorazioni Ambientali, anche questo di Nuoro. Per diversi anni con Quarantesimo Paralleo è stato guida escursionistica e turistica di professione, insegnando tecniche di orientamento in montagna, cartografia ed educazione ambientale a centinaia di studenti ed appassionati.

 

 

D. Oltre quaranta anni tra le grotte, i canyons e le grotte sarde. Com'è nata questa passione?

In apparenza sembra che tutto sia cominciato per caso, ma chi lo sa, forse così casuale non era.

Mi ero appena diplomato, e con altri due fedeli amici avevamo deciso di andare a fare qualche giorno di campeggio in tenda a Teletotes, lungo il corso della Codula Elune. Avevo sentito parlare di questo posto in maniera entusiastica, come di un paradiso terrestre, laghetti e cascatelle immerse in un fitto bosco di lecci. Eravamo partiti all’avventura, senza sapere nient’altro che non fosse le istruzioni per arrivare in questo posto. E tutto era diventato subito avventura: la meraviglia dei paesaggi dell’Orientale Sarda, che non avevamo mai percorso prima di allora, la vertiginosa discesa verso il fiume, su uno sterrato pericoloso e dissestato, l’arrivo in questo posto magnifico, l’incontro con Tziu Murroccu, l’eremita della Codula. Eravamo passati dalle “vasche” al corso Garibaldi alla prima esperienza di trekking propriamente detto, un assaggio di Supramonte. Bisogna sapere che prima non era così diffuso l’escursionismo, andarsene in giro in questi posti era considerato quantomeno eccentrico, salvo che da pochissimi appassionati. Sto parlando dei primissimi anni ’70. E poi non c’erano le possibilità di informazione e di comunicazione di oggi, si partiva con poche e sommarie notizie, e ci si doveva arrangiare. Per tre studenti a digiuno di montagna, questa era avventura vera.


  Discesa nella voragine di Adarre (Orgosolo)

Dopo un paio di giorni in questo eden avevamo chiesto a Salvatore Murroccu qualche dritta per arrivare a piedi a Cala Luna: ci aveva detto che dovevamo percorrere il canyon per una decina di chilometri fino ad arrivare al mare. Eravamo partiti per la camminata con pochissima acqua, nonostante fosse piena estate, e con pochi viveri. Da buoni ignoranti del Supramonte, avevamo sottovalutato clamorosamente l’impresa, ma proprio questo alla fine ha dato quel tocco di avventura e di scoperta, che ci ha fatto innamorare della montagna. Ci sentivamo dei pionieri, dei privilegiati, per avere fatto quell’esperienza. Ci eravamo sentiti in pericolo, ma  dopo il grande spavento,  abbiamo avuto negli occhi e nella mente, per sempre, le magnifiche visioni di quel grande canyon.

Pochissimo tempo dopo un amico di Oliena mi aveva proposto di visitare la grotta di Su Guanu, sul Cedrino: avevo accettato con entusiasmo, senza pensare ai rischi. Ci eravamo addentrati per diverse centinaia di metri all’interno della grotta, nella diramazione di base, senza considerare che avevamo con noi solo una torcia elettrica, e che nessuno sapeva dove eravamo. Solo dopo avevo pensato che se avessimo esaurito la batteria della torcia, non saremmo stati in grado di uscire all’aperto, e chissà come sarebbe andata a finire.

Ma tant’è, alla fine questo amore per la montagna è come un virus, se attecchisce non passa più. Da queste prime esperienze è cominciata una passione totalizzante, che ho avuto la fortuna di coltivare per decenni, e che, se la salute mi assisterà, conto di coltivare ancora.

D. Facciamo un passo avanti negli anni: il tuo nome viene associato a due importanti realtà della città di Nuoro, nel campo dell’ambiente e dell’outdoor: lo Speleo Club e il Gruppo Esplorazioni Ambientali.

Per diversi anni avevamo  fatto una discreta attività in grotta con pochi amici fidati, preferivamo stare tra di noi per non perdere la nostra indipendenza e non caricarci di eccessive responsabilità, perché sapevamo che, costituendoci in associazione, sarebbe stato  inevitabile affiliarci alle varie federazioni di settore e magari accogliere tra noi altri giovani appassionati per condividere ciò che facevamo: insomma, rendere conto ad altri della nostra attività. Dopo qualche anno avevamo cambiato modo di pensare, non volevamo più rimanere isolati senza contatti con altre realtà, e avevamo pensato seriamente che era arrivato il momento di operare all’interno di un gruppo organizzato. In quel momento la speleologia per noi era la passione predominante, a Nuoro c’era già un fortissimo gruppo che aveva fatto la storia della speleologia sarda, il Gruppo Grotte Nuorese.  Ma piuttosto che confluire nel GGN avevamo deciso di costituire una nuova associazione, perché eravamo abituati a gestirci liberamente da soli, e avevamo il timore di perdere la nostra indipendenza. E così era nato lo Speleo Club di Nuoro, quasi per gioco, in maniera semiseria.                           


          La gola di Gorropu, a Urzulei

Sono seguiti diversi bellissimi anni  di esplorazioni, di didattica verso altri giovani appassionati nuoresi, di confronto positivo con altre realtà sarde, all’interno della Federazione Speleologica Sarda. Anni esaltanti: era un periodo d'oro per tutto il movimento speleo, coordinato in maniera eccezionale dal presidente dell'epoca, Angelo Naseddu. Le esplorazioni si susseguivano senza sosta in tutta la Sardegna, e in particolare si cercava il collettore sotterraneo della Codula Elune: numerose erano le esplorazioni a Su Palu, Su Spiria, e Bue Marino. Sul momento era un gioco, bello ed esaltante, ci divertivamo, facevamo delle scoperte, insegnavamo agli altri ed imparavamo dagli altri. Mai avremmo immaginato che quel gruppetto nato da pochi amici sarebbe diventata una bella realtà, radicata a Nuoro, un punto di riferimento per molti appassionati.

D. E poi il Gea…

E poi il Gea. C’è stata una scissione nel 1996, un gruppo piuttosto numeroso di soci dello Speleo Club aveva deciso di andare via da questa associazione: sia per incomprensioni, sia per una maniera diversa di intendere l’associazionismo, sia perché ormai  i nostri obbiettivi  erano cambiati. Forse avevamo voglia di fare un’altra esperienza, di staccarci un po’ dalla speleologia, che è una disciplina bella ed entusiasmante ma molto totalizzante, non lascia fare molte altre cose. E invece c’erano splendide escursioni da fare, bei canyon da percorrere, belle pareti rocciose con cui confrontarsi, ma anche una diversa esperienza umana da fare. Dopo il distacco dallo Speleo Club, comunque sofferto e doloroso, e condito anche da polemiche e incomprensioni, con questi amici avevamo dato vita al Gea.

Rispetto allo Speleo Club c’era molta più consapevolezza: lo scopo era quello di stare insieme e coltivare la nostra passione, ma mentre prima era cominciato tutto per gioco, stavolta sapevamo che da questo impegno poteva nuovamente  nascere  una realtà importante, un altro punto di riferimento. Tutto dipendeva dalle radici che avremmo saputo creare.


      Cuile Tziu Tattanu, a Dorgali.

Sono passati 21 anni: anche il Gea è diventato un grande gruppo, che ha curato la formazione di centinaia di appassionati, tramite oltre venti corsi di cartografia e tecniche di orientamento, ha promosso  iniziative sociali e culturali, ha visto molte centinaia di appassionati avvicendarsi nelle sue fila. Questo riempie di orgoglio chi ha avuto la fortuna di costituire il gruppo, e chi ha avuto la bravura di aiutarlo a crescere passo dopo passo, con la passione e la competenza. E allo stesso tempo il Gea ci ha dato arricchimento umano e culturale.

D. Durante questi anni la montagna è stata anche la tua professione.

Nei primi anni del 2000 ho svolto la professione di guida turistica ed escursionistica, facendo accompagnamento in escursione, in grotta e in canyon, e organizzando corsi di educazione ambientale e orientamento in montagna nelle scuole di ogni grado, a Nuoro ma anche  in altre parti della Sardegna.

Erano i tempi di Quarantesimo Parallelo, l’attività è andata avanti per 5 anni poi è stata chiusa. Ora Quarantesimo Parallelo ha ripreso vita come un club di amici, che fanno qualche escursione e mandano avanti attività culturali, e che comunque privilegiano lo stare insieme e fare ciò che piace piuttosto che rincorrere la tecnica e la grande prestazione.

D. E oggi?

Eh, oggi… si continua. La passione è rimasta, il lupo è sdentato e spelacchiato, ma il richiamo della foresta c’è sempre. Magari si cambia atteggiamento, modo di pensare. Ormai non è più importante  dimostrare chissà che cosa, o fare delle cose difficili perché ti piace portare delle novità, o fare vedere che ci sei e che sei forte, oppure semplicemente perché ci sono dei ragazzi giovani che vogliono sapere da te delle cose e ti gratifica fare qualcosa per loro. Dopo tanto tempo il Supramonte lo conosci, non proprio ogni singola roccia ma comunque abbastanza bene, il passare 10 metri più in la o trovare una calata di trenta metri anziché di venti nello stessa zona  non ha più molto senso, e se da un’altra parte c’è quella zona che ancora non hai visto, allora preferisci andare a vedere quella. A meno che non ti piaccia tornare in quei posti che ti ricordano grandi avventure o grandi amicizie, e allora ci vai spesso perché è emozionante, perché stare lì ti dà serenità. E poi è diventato molto più importante con chi vado in montagna, non tanto dove vado. Sto riscoprendo molti posti conosciuti, rivisti senza fretta e senza affanno, fermandomi a vedere, a fotografare, a riflettere, e a volte sembrano diversi, e mi chiedo perché non li avevo mai visti così. Qualche volta è bello la sera trattenersi intorno a un fuoco, senza l’assillo del rientro, cucinando alla brace e fare tardi a chiacchierare e a raccontarsi delle storie, davanti all’arrosto e a un bicchiere di vino. E poi ci sono un sacco di sorprese, vai dove non eri ancora stato e scopri che la Sardegna non la conoscerai mai completamente, ha mille facce e ti sorprende sempre. Anche andando al di là del mare vedi molte cose belle, ma qui è un’altra cosa, sembra che solo qui la montagna ha un’anima, magari è solo perché qui conosci la storia e sembra quasi di vedere i nostri antenati in un “pinnettu” sui calcari del Supramonte, o in un nuraghe, o in un villaggio diroccato. A volte cammino tra montagne che conosco bene, e mi sorprendo a immaginare com’era la vita qui in altre epoche, le passioni e le storie vissute da chi c’era prima. E così mi sembra di fare un viaggio nella storia, non una escursione: questo può valere per gli antichi insediamenti pastorali di Bidunie, o per i resti delle attività minerarie del Sulcis, o quando si cammina lungo il percorso del trenino verde.


Arrivo a Cala Luna.

D. Dopo tanti anni di attività, sarà anche scontato e banale, ma viene spontaneo tirare le somme, tracciare un bilancio di quello che si è dato e che si è avuto.

Apparentemente ciò che facciamo può sembrare una inutile banalità, andando a zonzo tra grotte e boschi non si salvano vite, non si aumenta il pil, non si fa niente di particolarmente utile. Ma è una bellissima palestra per il corpo e lo spirito, ci si sente accomunati dalla stessa passione, si impara il valore della solidarietà, perché quando sei in difficoltà si dipende gli uni dagli altri, si divide tutto, non ci sono più le differenze che ci sono nella vita di ogni giorno. È difficilissimo portare la maschera quando si è così lontani dalla quotidianità, si fa prima a toglierla e a essere se stessi.

Da queste attività in mezzo alla natura mi rimane il ricordo di bellissime avventure, il calore di numerose grandi amicizie, quelle solide che non muoiono mai. Se mi vuoi chiedere se ne vale la pena, non posso che risponderti di si, ne vale assolutamente la pena.