Spedizione in Chiapas, di Salvatore (Bobo) Manca

22.12.2017 10:42


Interno di grotta

 

Tratto da "25 anni nelle grotte della Sardegna", Speleo Club Nuoro, 2016
 

A.D. 2010 ottavo giorno di Aprile.

A Ovest dove tramonta il sole ci sono grotte da immaginare.

È l’ottavo giorno di aprile, ho avuto cinque mesi di tempo per prepararmi a questo giorno.

Un riassunto di cosa mi serve, niente di superfluo solo l’essenziale, le direttive sono: bagaglio personale sotto i 5 kg, 1 casco, 2 luci di scorta, 1 tuta, 1 imbrago,1 pedale, 1 bloccante V e M, cordini di sicura, niente moschettoni (Nat è stato categorico e preciso niente moschettoni, solo attrezzi personali e sacchi grandi da spedizione), scarpe solo quelle che ho ai piedi, 2 pantaloni, 2 magliette, 2 mutande, 2 calze, niente batterie, niente cibo, faremo la spesa li sul posto. Svanisce cosi il mio bagaglio personale: vino, mirto, acquavite, formaggio, prosciutto e un po’ di dolcetti nostrani, caffettiera e caffè.

Dubbi e domande, durante questi mesi di attesa, hanno avuto risposte.

Bagaglio pronto dal 4 gennaio, fatto passaporto e vaccinazioni, (potrei infettare il posto!!!). In carrozza, si parte,… nave, treno e aeroporto a Fiumicino.

Appuntamento all’ingresso, (l’ingresso dell’aeroporto è lungo… molto lungo!) bene, non ho la più pallida idea di chi siano i miei compagni di viaggio. So solo che sono speleologi, dell’associazione LA VENTA, di loro conosco solo i nomi, Clarice, Natalino, Umberto e Valerio. Altri componenti della spedizione li troveremo a Madrid e altri ancora a città del Messico. Mi siedo sullo zaino grande dove campeggia la scritta a caratteri cubitali “National Geographic”, ho con me una borsa piccola, pochi viveri giusto per il viaggio di partenza e due stecche di sigarette aromatizzate alla vaniglia.

Aspetto, sono in anticipo di venti minuti, accanto a me si ferma una ragazza, piccola di statura, capelli castani, lunghi e ricci, noto il suo borsone alto quasi quanto lei, ci guardiamo più volte senza osare rivolgerci la parola, mi decido, “Salve scusami ma noi viaggeremo insieme, io sono Bobo” mi guarda come per dire … ma chi ti conosce!!

In quel momento si fermano due macchine, da una vengono giù Natalino e Valerio, la ragazza tira un sospiro di sollievo e li saluta, mi guarda e sorride. Dall’altra macchina scendono volti noti:

Umberto, che avevo conosciuto l’anno prima sui monti Alburni, sarà lui a presentarmi agli altri, dopo aver capito che il Salvatore Manca che aspettavano ero io e Natalino, che dalla foto del passaporto si aspettava un tipo alto.

Umberto mi conosceva come Bobo, non come Salvatore; arriva un’altra macchina, viene giù un altro componente del gruppo che ha tanto di quel materiale da scaricare che riempiremo quattro sacchi enormi ciascuno.

Briefing e poi via sull’aereo, due ore dopo siamo a Madrid, li troviamo Massimo, Roberto, Giorgio e Andrea; dopo quattro ore di attesa siamo nuovamente in aereo. Al momento del decollo mi scappa un’esclamazione … un urlo quasi disperato, “quella vacca di nonna paperaaaaaaaaaa”!!!. Ci aspettano quindici ore estenuanti, … dopo tre ore senza fumare … mi alzo e prendo la via della cabina dove c’è il pilota, la hostess mi ferma, … una lunga trattativa, poi riesco a raggiungere la cabina di comando, con la scusa che si trattava della mia prima volta in aereo. Dopo due ore mi rilasso un po’ e fra me e me penso “cavoli dall’oblò si vede il sole!!”, mi alzo e con il naso attaccato al vetro vedo solo cielo, non c’è mare ne terra, solo ed esclusivamente cielo. Qua ho poco da allongiarmi o mettere cintura, qua si va giù nel cielo e basta. La scimmia della sigaretta si appende violentemente alla mia barba, faccio per accendere una delle mie sigarette nere, interviene fulminea Clarice “Ué ma sei scemo? qua non se può fuma!” e mi scippa accendino e sigaretta. Mi metto a sedere, con la scimmia sempre più violenta.


Lavori in grotta

Passano con i carrelli delle vivande, farò scorta di mignon di J.D. che finiranno molto presto.

Di nuovo in piedi, è allora che mi avvicino alla cabina e riesco a contrattare con il comandante: “Parcheggia un paio di minuti e mi fumo una sigaretta!!” dopo un po’ mi rassicura sul nostro volo e sull’aereo, in modo amichevole mi offre un drink.

Ancora due chiacchiere e Olga mi accompagna al mio posto, è come camminare su un materasso ad acqua, scambio due parole con Clarice. Otto ore e più di viaggio cominciano a farsi sentire, mi sveglio a Città del Messico. Ci aspettano altre quindici ore di viaggio in pullman, destinazione Cintalapa-Chiapas.

Arriviamo a notte fonda, sfiniti dal viaggio. Appena scesi dal pullman ci vengono incontro gli altri compagni arrivati la mattina prima dal Venezuela, volti noti, Vito e Carla; le energie mi escono da tutti i pori, salto come un grillo prima in braccio a Vittorio e poi su Carla.

Il giorno successivo faremo la spesa per i prossimi giorni, ahimè scoprirò che qui il caffé lo fanno in bicchieri da mezzo litro. Dopo un po’ di giri prendiamo il materiale dal magazzino e a bordo di due mezzi della protezione civile ci avviamo verso la nostra meta, la riserva della biosfera EL OCOTE precisamente nella colonia di Lazaro Cardenas, nel rancio Montecristo.

I giorni che seguono, divisi in squadre di tre, quattro e cinque elementi più le guide, esploreremo oltre 30 grotte, risorgente, inghiottitoi e sotani (pozzi). Per l’avvicinamento avremo quasi sempre dei muli…oltre a fare i muli noi stessi!!!.

Esplorare questi luoghi è stata un’esperienza fantastica, andare a dormire levandosi la tuta e al risveglio indossarla nuovamente, vivere finalmente senza la tecnologia, la fretta, gli orari da rispettare e tutte quelle cose che sono il quotidiano.

13 aprile 2010

La prima esplorazione sarà una sorgente. Le sue acque, nonostante l’altitudine, sono tiepide, circa venti gradi, l’ingresso non è grande, ma l’acqua che ne viene fuori è tanta e forma subito tre cascate bellissime che si perdono nel mezzo di una selva impenetrabile, più dei nostri rovi di more. Per entrare passiamo fra i rami di un albero, manco fossimo scimmie, entreremo in quattro, Kaleb, Massimo, Giorgio e io. Fuori che girano lì intorno, Don Manuel, Cesco e Vito.

La forza dell’acqua è tanta, riesco a passare senza bagnarmi, gli altri un po’ più voluminosi di me si fanno un bel bagno e ginnastica tipo acquagym. Dopo pochi metri la prima sala grande, sembra di essere dentro una damigiana, talmente sono lisce le pareti e il soffitto; se voglio andare avanti o mi bagno o volo, la corrente è meno forte… forse non mi porta via… illuso!!

Dovrò fare come i salmoni. Kaleb mi passa un cordino e mi tira, Massimo e Giorgio, vanno avanti in questo fiume limpido che li porta un centinaio di metri avanti. La corrente diventa meno forte e non mi trascina più via, con Kaleb raggiungiamo i due salmoni bipedi. Quando i nostri piedi quasi non toccano più e l’acqua continua, ci infiliamo in una diramazione da dove arriva un po’ di acqua che fa un suono assordante, la condotta è come il ramo principale di Locoli, un po’ più piccola di diametro tanto da poter andare in opposizione, in questa sequenza di marmitte e vaschette troviamo i gamberi … si gamberi … non è una delle mie, sono proprio gamberi.

Quella per me sarà la grotta dei gamberi, presto diventa un labirinto, ci ritroviamo con Giorgio e Massimo che sono passati da un altro ramo, faremo il rilievo e qualche fotografia, verrà fuori anche la storia del gambero che cavalca il pipistrello.


Trasferimento campo base

14 aprile 2010

È l’alba e sono già sveglio, preparo il caffè cerco la tuta per indossarla, Perro ha pensato bene di prenderla come giaciglio, provo a prendermi la tuta, “nada” non la molla neanche se gli do i biscotti, (Perro è uno dei tre cani che abitano al rancio Montecristo) uscirò in camicia e pantaloni. Lo sponsor Ferrino ci ha vestito dalla testa ai piedi.

Fatta colazione, il sole e già alto anche se una bruma alta lo nasconde, aspettiamo la nostra guida, Ariosto, appena arriva ci addentriamo nella selva. Ariosto mi indica delle piante, dicendomi che sono commestibili e mettono forza, sono piante medicinali, mi indica altre piante come il platano e il caffé, piante spontanee da frutto, certo lì di fame non muori. Dopo un paio di ore ecco la nostra meta, una grande parete ricoperta di piante dove sono visibili un paio di enormi buchi; entriamo nel più grande, una caverna enorme, dentro troviamo un vecchio insediamento, resti di cocci e un po’ di vasi che Ariosto ci indica, ma noi siamo più attratti dal fragore dell’acqua che arriva dal retro un muro di pietre megalitiche, tagliate su misura. D’altronde le disposizioni sono chiare, ignorare assolutamente i reperti.

Oltre la muraglia troviamo una gradinata scolpita nella roccia che ci porta su di un marmittone da dove gorgoglia il prezioso liquido che poi scorre lungo il meandro, per un centinaio di metri, per poi “sifonare” in un laghetto.

Torniamo sui nostri passi e con Clarice risaliamo su una colata, si apre un’altra galleria dove intercettiamo un fiume, dal basso Massimo, Giorgio e Carlos fanno il rilievo. Con Clarice continuiamo a seguire il fiume in salita per 700 metri fino ad un sifone, ne verremo fuori che è ormai il tramonto.

Cavolo non avevo ancora visto il tramonto in mezzo a questo verde, il cielo è coperto di stormi di colondrinas e papagalli cocorite, il cianciare dei mille animali che popolano la foresta è bellissimo. Da quella grande parete si ha un bel vedere da “libro della giungla”, i profumi sono intensi, mi siedo ad osservare incantato da tanta meraviglia. Ariosto mi si siede accanto, gli offro una delle mie sigarette, fumiamo beati e mangiamo un boccone.

Il sole è ormai al tramonto, ci mettiamo in cammino per tornare a Montecristo; in fondo alla valle vedo delle luci e il fumo di un fuoco, non è una colonia sembra più un campo, si vede un’amaca stesa fra un paio di alberi, è chiara la sagoma nella luce che la illumina, Dopo un paio di ore siamo al Montecristo. La cena è pronta, manca a tavola solo Umberto, vado a chiamarlo, è dopo il boschetto di platani, poco distante dalla casa, lo trovo steso sull’amaca che scrive al lume di una lanterna a olio che fa una luce bellissima. Tornati al campo, facciamo il punto sulla giornata appena trascorsa, davanti a delle pietanze esotiche, povere, semplici, ma gustose preparate dalla cognata di Don Manuel.

Salvatore (Bobo) Manca.

Speleo Club Nuoro