Mio padre Franceschino Satta, di Rosalba Satta

15.03.2013 20:14
 

Mio padre, Franceschino Satta

Non si muore mai definitivamente. L’ amore è più forte della morte ed è capace di riservare uno spazio, nel cuore e nell’anima, al ricordo. Che continua a vivere, crescere e fiorire, nonostante tutto. Quando, poi, ad “andar via” è un Poeta, per alimentarne il ricordo non è indispensabile l’amore– che ha necessità di un rapporto diretto - ma la stima , l’ ammirazione, l’incanto creato con la bellezza dei versi sparsi … e raccolti da ognuno di noi -quando è giusto che accada – lungo il percorso della nostra vita

Versi che continuano a pulsare. Versi capaci di venirci incontro, per poi abitare nelle stanze dell’anima. E’ forse anche per questo che non riesco a pensare a mio padre come a qualcuno che non c’è più.

Eppure da quel lontano 25 luglio 2001 son trascorsi oltre undici anni. Il fatto è, che continuano a vivere le sue creature … che non siamo solo noi figli – destinati, prima o poi, a raggiungerlo- ma i suoi scritti ed, in particolare, le sue poesie. La vera immortalità la costruiamo noi uomini quando siamo capaci di entrare nel mondo dell’arte per aggiungere qualcosa di vivo che prima non c’era. Qualcosa che mancava … perché il ripetitivo o il banale inevitabilmente è destinato a morire sull’uscio. I genitori non si scelgono, si suole ripetere. Ed è vero. Ma se anche avessi potuto scegliere e mettere insieme, pezzo per pezzo, un padre ideale, non penso che sarei riuscita a costruire un padre così “giusto” come quello che mi è capitato per destino. Per quanto mi sforzi, non riesco a trovare, nella mia crescita cognitivo relazionale accanto a lui, uno spazio vuoto,un interrogativo in sospeso, un silenzio che non fosse pieno di calore e d’affetto. Di poesia vera, vissuta. E se dovessi usare un solo colore per rappresentare il suo percorso terreno, utilizzerei l’azzurro … che rimanda alla bellezza e al mistero del cielo e del mare. Mio padre … Mi ha insegnato, col suo esempio di vita, a non dare mai nulla per scontato. Soprattutto i sentimenti che - amava ripetere - vanno alimentati, giorno dopo giorno e, all’occorrenza, ricostruiti nella valorizzazione di ciò che unisce e non di ciò che divide. Ho imparato da lui a guardare oltre, a scorgere le sfumature, a sentire i silenzi di pietra degli ultimi, ad indignarmi davanti alle ingiustizie, a lottare per un mondo diverso, migliore. Non è un caso se, della sua ricca produzione, le poesie che amo di più sono quelle che affrontano i problemi sociali, la fame di giustizia, la voglia di libertà. Chi ha una conoscenza superficiale dei suoi scritti, tende a porre in risalto le poesie che rimandano ai sentimenti familiari. Ci sono anche queste, per fortuna, a sintetizzare una vita fatta di tinte forti e delicate insieme. Ma le sue “ispadas de sole”, con le quali sperava di sconfiggere il male, il sopruso , l’ indifferenza, vengono sfoderate e utilizzate in varie poesie , e non solo in quella- stupenda!- che dà il titolo al componimento con il quale vinse il premio di Ozieri . Generalmente accade che “nemo profeta in patria”. Per fortuna non è stata la sorte riservata a mio padre che, anche in vita, ha potuto godere della stima e dell’ammirazione di tanti. Nuoro, poi, non è stata mai matrigna visto che, a pochi mesi dal suo addio terreno, ha scelto – tra le tante iniziative per lui organizzate - di dedicargli una via accanto a quella dove nacque e morì. “Più passa il tempo- ha scritto Giuliano Marongiu- e più il ricordo di Franceschino Satta assomiglia ad uno dei suoi ritratti: tracce antiche disegnate con tinte che sanno di leggero e soffiate di poesia. L'uomo che ha saputo raccontare altri destini, che ha raccolto e consegnato alla memoria scorci di un passato che rivive anche attraverso i suoi scritti, non canta più: si è spento portandosi dentro i sentimenti urlati a bassa voce, con lo stile che aveva caratterizzato le sue composizioni. Se n'è andato per sempre da protagonista, in una delle tante notti di luglio, lucido ma provato dalla sofferenza che da un po' di tempo ormai accompagnava le sue giornate. A lui si devono le atmosfere più fluide dettate da una creatività intrisa di malinconia e sentimento, evocazioni elaborate con sofisticata ricerca di vocaboli e suggestioni antiche. Con queste parole, all'indomani del triste annuncio, commentavamo il dolore del suo ultimo e improvviso viaggio. Dalla sua morte ad oggi, in tanti hanno lealmente rinforzato l'imponenza della sua figura: quelli che gli hanno voluto bene, che l'hanno conosciuto , che l'hanno raccontato.” Toccanti anche le parole dell’allora sindaco di Nuoro, Mario Demuru Zidda che, in occasione di una manifestazione organizzata dal Gruppo Ortobene per ricordarne le figura, così scrisse : “Nuoro ricorda una sua bellissima voce, quella appunto di Franceschino Satta : le sue poesie, i suoi pensieri ci accompagneranno sempre, rendendoci orgogliosi d’essere stati suoi concittadini.” L’artista Alessandro Catte – direttore, fra l’altro, del Coro Ortobene –più e meglio di altri ha saputo e voluto valorizzare la bellezza, la musicalità e l’ originalità dei suoi versi. Tutte le poesie di mio padre da lui armonizzate hanno acquistato ali robuste per volare oltre i confini, giungendo più facilmente nel cuore di tanti.

Non a caso Mariantonietta Piga- il 21 giugno del 2009- nel dedicare a mio padre il Premio Europeo della Musica ha motivato la scelta precisando che “ è stato un poeta che con la musica ha sempre avuto un rapporto quasi indissolubile”. La poesia-canzone che maggiormente continua ad emozionarmi fino allo struggimento è Bae luna, armonizzata e cantata da Piero Marras. Non solo perché è un canto di pace stupendo, ma anche e soprattutto perché mio padre “scelse” di abbandonare il suo corpo il 25 luglio del 2001, nel momento esatto in cui questa canzone veniva cantata dal cantautore nell’anfiteatro nuorese. Mio padre … Oggi che, più di ieri, mi porto appresso e dentro l’anima il suo profumo di buono, penso che il dolore immane per la sua perdita non supera la gioia, immensa, d’averlo avuto come padre. Mi piace concludere con una toccante riflessione dell’amico fraterno Giovanni Piga –poeta mannu-che, in occasione del decennale, nel teatro Eliseo, ha voluto ricordarlo così: “S’ànima tua, Frantzischì, non ses mòghia dae inoche. Respirat in cada grina de sole, in cada mòghia de frina chi si pesat in sos padentes de s’Ortobene. No, tue non ses mortu… Sa morte binchet s’òmine non su Poete. As tancau sos ocros, chin su risitu in labras, saludande su mundu chin afetu e amistade, comente petzi a un Artista mannu l’est cuntzèdia cussa gràssia. Ma ses semper inoche. Dego ti bio, in sos seros d’istiu, in sa cortita de sa dommo tua de su Monte Ortobene, sètiu in su friscu, meledande, serenu, su chi bies a fùrriu pro lu bortare, a pustis, in màzines de lucura poetica. Màzines chi si pesan a bolu, chin alas de poesia universale, ocros a su pessamentu ‘e Deus. A ube tue, a coro ispartu, punnabas de nch’arribbares una die. E nche ses arribbau. E oje ses in bolu, chin sa poesia, in sas àgheras de s’ istòria, semenande in sos prados de mundu, “cantos de amistade”, pro dare cufortu a su “prantu cubau”de sa zente in anneu, e intregare isperas de luche, gherradas chin “ispadas de sole”, a chie est caminande in sas àndalas iscuras de su patire e su malufàchere. No, Frantzischì, tue non ses mortu…”. (Rosalba Satta)

(Da S’ischiglia Numero 6-Dicembre 2006)