Il gigante Aru (leggenda popolare).

18.04.2014 00:45

IL GIGANTE ARU.

 Al tempo dei tempi, in Sardegna, viveva un gigante Aru. Tutti gli isolani lo rispettavano per la sua forza e per il suo coraggio. Ingenui e generosi, pensavano che anche l’anima di Aru, come il suo corpo formidabile, fosse grande e possente. Così si chinavano a lui, gli offrivano i prodotti genuini e saporiti del loro lavoro, gli domandavano consigli su ogni cosa . Aru accettava i doni con compiacenza, ma in quanto ai consigli, si limitava a pronunciare poche parole oscure alle quali, i Sardi, assai fantasiosi, attribuivano i significati più diversi; e, per sbalordire quella gente credulona e dare a se stesso la misura della propria forza, Aru si divertiva a sradicare le querce annose , a spaccare con un pugno la testa dei buoi selvatici, a sollevare come fuscelli i macigni più pesanti.
 Marongiu, un piccolo vegliardo dai capelli lunghi e candidi, con una folta barba che pareva un profeta, non si entusiasmava troppo per le prodezze del gigante; e con quella sua debole voce che pareva scaturire dalla lontananza dei tempi, così parlava:- Che fa di così grandioso Aru? Sradicare le querce e uccidere i buoi non sono che follie; a che gli serve avere tanta forza se non è capace di usarla che in cose inutili e senza senso? -
 Viveva in quell’epoca, in Sardegna, una ragazza assai graziosa. Non aveva, come le sue conterranee, la carnagione di rame lucente, né grandi occhi neri colmi di fierezza: era bianca e bionda, e perciò nell’isola la chiamavano “ sa strangia”, ossia la straniera. Si diceva che tanti anni prima, lungo la costa selvaggia sulla quale si piegavano ansiosi e contorti i tronchi degli oleandri, fosse approdata una lunga barca e che, da essa, un uomo col volto coperto avesse tratto un piccolo involto di colore rosa e lo avesse, con delicatezza deposto sulla spiaggia, riprendendo, subito dopo, l’azzurra via del mare. E pare che una donna, passando sotto gli oleandri, avesse veduto il misterioso involto e, scoprendovi all’interno una bambina in fasce, con commozione l’avesse presa tra le braccia e condotta con sé nella propria solitaria capanna.

 Gli anni erano così trascorsi, e la misteriosa fanciulla era cresciuta e si era fatta bella, di una fragile bellezza. La sua mamma adottiva soleva dire:- Io ti trovai un bel giorno di primavera; il cielo e il mare parevano di seta celeste; il sole benediva la terra con la sua luce. Tu, bimba, hai ora negli occhi il colore del mare e, fra i capelli, la vivida dorata gioia del sole. L’incantesimo di un giorno sereno è in te!-

 La donna poi era morta, e “ sa strangia” così delicata ed inesperta, era rimasta sola nella capanna. Aveva trascorso giorni di tristezza e di paura. La voce del vento , nelle notti tempestose, le suscitava brividi di terrore; i tuoni e la luce dei lampi la sgomentavano. Viveva in continua pena e le ragazze dell’isola, così serene e forti, la stupivano e le incutevano rispetto.
 Un giorno passò vicino alla sua capanna il gigante Aru. La ragazza se ne stava accoccolata sulla soglia e , vedendo l’uomo formidabile, per lo spavento trasalì. Il colossale individuo si chinò a contemplarla, e sorrise. Non aveva mai veduto una creatura più luminosa e leggiadra di “sa strangia “. La commozione e la meraviglia destarono inlui una poetica eloquenza: -Bella, tuttigli astri del firmamento non basterebbero a comporre la corona degna della tua chioma solare. Bella, se tu mi guardi mi sembra di essere padrone della Terra e del Cielo e il mio cuore si fa possente come l’ala dell’aquila!-
 La straniera si sentì rinfrancata nell’ammirare, curva nella sua fragilità, tanta forza. Confessò implorante il proprio infantile cruccio:: Ho tanta paura! Quando il mare è irato sembra che le sue onde vogliano scagliarsi contro la mia povera capanna per distruggerla. Quando il vento, come un immenso stormo di avvoltoi feroci, precipita dalle cime delle montagne lontane, o si leva clamoroso e violento dalle onde, io immagino che tutto intorno a me sia per essere travolto; allora la mia casuccia mi sembra un giallo pampino in balia del turbine potente!-
 Aru meditò, poi disse:- Questa tua capanna di legno e di paglia è fragile come la tua bellezza, mia bella straniera: Appunto perciò essa va protetta! Io voglio che tu non debba temere dietro quelle pareti così sottili, e costruirò per te un rifugio sicuro con i massi rocciosi che la mia forza può rubare al monte. Mi sarà dolce la fatica di trasportare le pietre enormi e, con gioia più grande, eleverò i muri formidabili. Perciò tranquillizzati, giacchè il vento e le onde più non turberanno la tua pace, o bellissima!- Così Aru costruì una casa di pietra, a sfida degli elementi. Poi domandò a " sa strangia": - Vuoi che io viva con te?- -Certo!- rispose lei, col cuore che le batteva in petto. E nel rifugio di pietra, costruito dalla forza in nome dell'amore, i due portarono la loro gioia, dimentichi di tutto il resto.
 Piacque agli isolani la casa di pietra che poteva opporsi alla forza del vento e alla violenza delle onde. La sua saldezza era superba. Qualcuno diceva: - Se avessimo la forza di Aru potremmo anche noi costruire edifici possenti nei quali rifugiarci durante le incursioni dei pirati!- Il vegliardo Marongiu osservò:- Vengono spesso i ladri, gli usurpatori, e per difenderci, per proteggere la nostra terra angusta, versiamo fiumi di sangue. Sarebbe bello possedere anche noi case così robuste, munite di finestre per spiare le mosse dei pirati e scagliare contro di essi i dardi delle nostre balestre infallibili. Tremerebbero i nemici a sapere che la nostra forza, il nostro orgoglio, si sono alleati con la dura pietra. In tal modo più non vedremmo sbocciare all'orizzonte del nostro azzurro mare, come petali di fiori cattivi, le vele delle navi predatrici!-
 -Tu parli bene, nobile vecchio dalla barba bianca barba- approvò un giovane che aveva un fiero sguardo e che pareva un dio dei boschi, ma chi di noi potrebbe sollevare i massi enormi di pietra, necessari affinchè queste case possano essere costruite? Non abbiamo noi, piccoli uomini, la forza di Aru!- La forza di Aru?- prosegui il vegliardo- l'abbiamo noi quella forza. Anch'io, che quasi non riesco a stare in piedi!- Parlava Marongiu, il vecchissimo pastore , e tutti lo ascoltavano con grande attenzione.
 Sì - continuava Marongiu i cui occhi, nell'orbita profonda avevano i riflessi d'oro - noi siamo più forti! Non l'amore per una piccola donna accende e dilata il nostro desiderio di operare, ma il senso di giustizia, la necessità di salvare i nostri figli, di dimostrare, a chi presume di calpestarci, che siamo forti e invincibili. da tali sentimenti la forza scaturisce miracolosa, come lo stelo d'avena dalla terra feconda . Noi che abbiamo il cuore grande e ricco, più di Aru siamo giganti, e uniti nello sforzo e nel desiderio potremo compiere miracoli!- Non parlò invano il vegliardo Marongiu!

 I nuraghi, queste solenni costruzioni megalitiche levano ancora oggi, nella terra di Sardegna , la voce dell'antichissima gente eroica.