Intervista a Elisa Gungui

 

Elisa Gungui, nuorese di 38 anni, comincia da giovane ad appassionarsi alla natura e alle grotte. Dopo un corso base di speleologia inizia e matura il suo interesse verso questa disciplina. Elisa ha seguito e portato a termine un iter che le ha permesso di svolgere una intensa, svariata e interessante attività su tutto il territorio regionale. Le sue esperienze si spingono anche oltre confine nazionale. Dopo il percorso formativo ad-hoc arriva ad insegnare la tecnica speleologica nei corsi di primo livello regolarmente riconosciuti dalla Società Speleologica Italiana. Attualmente membro attivo dello Speleo Club Nuoro all’interno nel quale continua a svolgere la propria attività di istruttore e speleologo a 360 gradi. Elisa è inoltre membro del Corpo Nazionale Soccorso Alpino Speleologico relativamente alla squadra spelologica di intervento nuorese. 

 

D. Cominciamo con la domanda più ovvia: come hai cominciato, come ti è venuta in mente questa idea “folle”? la speleologia è considerate di nicchia, una cosa per pochi…

Mi ha sempre appassionato la vita all’aria aperta, la montagna…quel senso di evasione. Nel 2004, quasi per caso, mi avvicinai alla speleologia frequentando un corso di primo livello. Da li è stata un’escalation in questo sport, una grande passione, una sfida in quello che sino a qualche tempo prima era considerato uno sport per soli uomini. (anche se la componente femminile è sempre stata di tutto rispetto)

Il “colpevole” di tutto questo? Il mio carissimo amico Franco…. Fu lui che un giorno, mentre eravamo di turno al 118, introdusse il discorso montagna, escursioni e speleologia… Era la prima volta che facevo servizio con lui, un uomo a prima vista timido, riservato, che quel pomeriggio si era ritrovato con due ragazze a dir poco scalmanate… i suoi capelli bianchi, la sua barba curata e i suoi occhiali da vista, che a primo impatto trasmettevano un senso di austerità, di riservatezza e di un forte self-control, non riuscivano a schermare la passione che esprimeva quando parlava delle sue attività a contatto con la natura ed in particolare della speleologia.

Il thè si era ormai raffreddato nelle tazze, la conversazione con Franco continuava incessantemente, i suoi racconti erano così ricchi di particolari che sembrava di rivivere le sue avventure. Mente lo ascoltavo, immaginavo cosa avrei fatto e come avrei reagito io, qualora mi fossi trovata nelle diverse situazioni descritte… ma chi è questo personaggio che ci racconta tutto questo? ….Mi chiedevo…..

 Elisa impegnata nella diiscesa di un pozzo verticale.

….”tu saresti un perfetto animale da grotta” disse ad un certo punto guardandomi negli occhi… in quel momento inarcai le sopracciglia e con espressione molto scettica dissi “chi io???...mmmm dici???”

Il saggio e vecchio leone aveva visto bene anche quella volta….

D. Molti si chiedono cosa ci sia di interessante ad andate sottoterra prima del tempo…

Beh si, questo è un classico… molti abbinano l’idea del sottosuolo a un qualcosa di negativo, di nefasto…solitamente per tutti quelli che si pongono questa domanda, la risposta è sempre la stessa… evasione dalla routine quotidiana, completo abbandono all’abbraccio della natura. Il sottosuolo è un ambiente straordinario, attraente, a volte molto insidioso. Noi speleologi viviamo il sottosuolo come un habitat naturale, c’è un qualcosa che ci lega ad esso, è un richiamo naturale. A volte capita di non poter svolgere attività per qualche tempo…si viene avvolti da un malessere generale, è un po' come sentirsi lontano dalla propria terra… si sprigiona una voglia di ritornare, di rivivere quelle emozioni, quelle sensazioni che solo i tesori sotterranei sanno darti. 

 La sala dell'obelisco a Su Crabargiu (Urzulei). Foto di Riccardo De Luca
 

D. Già, tanto che poi ti ha catturato. E poi come è andata avanti questa passione? 

Dopo il corso di primo livello, iniziai a frequentare l’ambiente del Supramonte, sia in superficie, attraverso trekking, molto spesso articolati in più giornate, forre, ma soprattutto iniziai a frequentare il Supramonte sotterraneo. Non dimenticherò mai la mia prima volta alla grotta di Su Bentu… fu l’uscita di fine corso, una due giorni con campo interno, una vera e propria prova di resistenza fisica e psicologica, per una alle prime armi come me e i miei compagni, ma il nostro carattere deciso e la tempra dei 25 anni, ci aiutarono in questa impresa...un successo personale, del quale andammo fieri per diverso tempo.

 Grotta Su Palu (Urzulei), galleria Alta Loma. Foto Elisa Gungui

D. C’è qualcosa, una grotta, una situazione, che ricordi con più piacere?

La soddisfazione più grande in questa attività, arrivò nel 2006 quando, durante una campagna di ricerca esplorativa, ebbi la fortuna di scoprire una parte inesplorata di una grotta. Sa Rutta ‘e su Crabargiu, nel territorio di Urzulei, sino ad allora conosciuta per un solo terzo del suo attuale sviluppo. 

Fu una giornata indimenticabile, un’emozione unica….ero li, a soli due anni dal mio primo ingresso in grotta come speleologa e riuscii in quello che tanti speleologi non riescono in decine di anni di attività, calpestare per prima porzioni di sottosuolo che nessuno aveva ancora calpestato. Ricordo ancora quegli attimi di felicità mista a stupore, incredulità e perché no anche orgoglio… avanzavo con i miei compagni di esplorazione, lo stupore annientava ogni possibilità di espressione, comunicazione, le parole erano superflue, gli unici rumori che sentivo erano lo scorrere dell’acqua e il tintinnio dell’attrezzatura dei miei compagni. Arrivammo alla sala dell’obelisco e lì ci rendemmo conto di cosa e quanto avevamo scoperto… ancora oggi, quando ripercorro con la mente quei momenti, mi emoziono.


Grotta Su Bentu, Oliena. Foto: Antonio Sanna.
 

D. Che poi, è questa l’essenza della speleologia: il fascino della scoperta, della prima esplorazione. Altra grande soddisfazione è trasmettere la passione e le conoscenze ai giovani.

Certo, la divulgazione delle conoscenze è alla base della tutela e della valorizzazione degli ambienti ipogei. Posso affermare di aver avuto la fortuna di avere come punti di riferimento degli istruttori, che da subito sono riusciti a trasmettere, oltre che le tecniche di progressione anche la passione, l’interesse, la curiosità. In particolare la mia amica Alejandra, mi sostenne tantissimo quando decisi di iniziare il percorso formativo che mi portò nel 2007 ad ottenere la qualifica di Istruttore di speleologia. Nell’arco di questi oramai 13 anni di attività ho partecipato a tanti corsi di formazione, convegni, feste e raduni nazionali ed internazionali. Dopo alcuni anni di attività libera, nel 2012 approdai allo Speleo Club Nuoro, del quale tutt’ oggi faccio parte e all’interno del quale ho avuto la possibilità di continuare a conoscere espertienze. Lo Speleo Club ha una sua lunga tradizione ed è un punto di riferimento, essendo anche scuola riconosciuta dalla Società Speleologica Italiana, per tutti coloro che volessero avvicinarsi, a qualsiasi titolo, alla speleologia. 

D. Al termine di una giornata in grotta, in montagna, cosa porti a casa?

Viviamo in una società che ci vede sempre di corsa, abbiamo tantissimi impegni e viviamo con l’ansia dell’orologio, ogni cosa deve essere programmata. In montagna è diverso, ti lasci andare allo scorrere naturale del tempo, fai quello che riesci a fare…hai la possibità di staccare dalla routine quotidiana, di rilassarti e di condividere momenti di serenità con i compagni di escursione. Come ho detto prima, il sottosuolo è un ambiente impervio, insidioso, e solo affinando, oltre alla tecnica, la complicità, la solidarietà, la fiducia con le persone con cui condividi queste esperienze, puoi affrontarlo serenamente, puoi stare a contatto con la natura e conoscerne i suoi più profondi segreti. 

 


Grotta Perd'e Balla (Urzulei). Foto Elisa Gungui.