Intervista a Riccardo Consigliere

Riccardo Consigliere ha 40 anni, è nato ad Alghero da genitori non sardi, e ha passato l'infanzia a Varallo Sesia, in alta Italia. Qui ha appreso da piccolo a praticare lo sci, lo sci-alpinismo, e le escursioni in alta montagna. Rientrato in Sardegna ha cominciato a praticare l'arrampicata sportiva, alternata a frequente attività sulle Alpi, in particolare sul Monte Bianco e sul Monte Rosa. Inoltre il rientro in Sardegna ha favorito la pratica del trekking sulle nostre montagne. Di recente il grosso salto di qualità: la scalata del Denali (noto come Monte McKinley) in Alaska, assieme ad un altro sardo, il nuorese Angelo Lobina.

 
 
D. Riccardo, partiamo da lontano, dagli inizi.

Ho cominciato da piccolo: mio padre, appassionato di montagna, si era trasferito lì per seguire la sua passione: si andava a fare passeggiate sulle montagne intorno a casa, e mi ha insegnato a sciare, a fare sci-alpinismo, a fare trekking in alta montagna, sulla neve e sul ghiaccio. Partecipavo anche ad escursioni organizzate in parrocchia da un prete appassionato, già da quando avevo otto anni portava il nostro gruppo di noi ragazzi (si chiamava Grimm) a oltre 3000 metri di quota. Soltanto in primavera, non c’era ghiaccio, ma era già una situazione di alta montagna. A 13 anni ero salito fino al Rifugio Margherita sul Monte Rosa, a circa 4600 metri: il rifugio più alto d’Europa. Andavamo per sentieri ben curati e segnalati, per certi versi più facili di certi sentieri qui in Sardegna, dove in Supramonte c’è una forte sensazione di asperità e di disorientamento.


      Presso Punta Gnifetti sul Monte Rosa.

Quando mi sono trasferito qui in Sardegna ho abbandonato queste esperienze di montagna, dai 18 ai 23 anni non ho fatto granchè, poi ho fatto un corso di arrampicata sportiva a Sassari, perché mi ha sempre attirato la possibilità di arrivare dove altri non arrivano, non usando la tecnologia ma solo gambe e braccia. Da allora ho sempre arrampicato,  a parte una parentisi di 5 anni quando stavo in Inghilterra, dove non avevo la possibilità di fare attività.

D. Quali sono le tue motivazioni, che immagino debbano essere molto forti per farti sopportare fatica e disagi fuori dall’ordinario?

Mi spinge il desiderio di arrivare in posti particolari, dove arrivano in pochi, e di godere di viste straordinarie, di sensazioni speciali. E’ questa la bellezza di andare in montagna, scoprire i tuoi limiti, anche sui monti di Oliena, a due passi da casa.

D. C’è possibilità di arrampicare ad alti livelli in Sardegna?

In Sardegna c’è possibilità di arrampicare ad altissimi livelli, tanto che io non ci riuscirei (tutto sommato sono un mediocre arrampicatore).

D. Che differenza c’è tra arrampicata sportiva ed alpinismo classico?

Nell’arrampicata sportiva sei sicuro,rischi di più ad andare in bicicletta. Sei su una falesia dove tutto è stato pulito e disgaggiato. In alpinismo tu passi là, sai che si passa ma la parete non è preparata. In falesia le vie sono brevi, difficilmente superano i 40 metri, ci sono chiodi piazzati in maniera regolare, è solo la sensazione di essere in situazioni innaturali di vuoto che rendono l’arrampicata sportiva paurosa, ma se si riflette razionalmente è un’attività senza rischi. In alpinismo devi padroneggiare più tecniche, saper piazzare attacchi, bivaccare in situazioni ambientali estreme, saper gestire situazioni di pericolo, cose che in falesia non ci sono. Situazioni simili alle salite estive sulle Dolomiti, qui in Sardegna si possono avere ad esempio sulle grandi pareti di Cusidore e di Sùrtana. Che magari non sono molto difficili, ma sono lunhe e devi fare i conti con fatica e tempi lunghi.

D. Raccontaci l’impresa più difficile fatta finora, la salita del Denali (Monte McKinley) in Alaska.


    Pista d'atterraggio presso il campo base del Denali.

Con Angelo Lobina abbiamo fatto la via più facile, ma si può salire da diverse vie. Nonostante questo il Denali presenta criticità che sono proprie di ambienti artici, con alte quote e temperature glaciali. Inoltre è una salita lunghissima e lontana dai centri abitati, almeno 300 chilometri, e questo complica anche eventuali soccorsi: è decisamente un ambiente dove devi essere autosufficiente.

E’ una salita che è un po’ passata di moda, ma che ci ha dato una grande soddisfazione per il fatto che siamo due Sardi. Si disputa anche se sia più difficile il Denali o l’Everest, bisogna dire che l’Everest è molto più alto, ma il Denali è più duro perché le distanze sono dilatate, comporta una marcia di 50 chilometri in condizioni proibitive, con 70 chili di bagaglio a testa e 8000 metri di dislivello totale dovuti a vari saliscendi, mentre sull’Everest Sali dai 5000 agli 8000 in un breve percorso. Fermo restando che sull’Everest hai dei gravi problemi fisiologici per i quasi 9000 metri di quota della cima. Con Angelo siamo riusciti a salire in 13 giorni, gestendo bene il fattore clima.

D. A queste quote devi avere decisione, testardaggine e bravura, ma anche fortuna.

Si, ma devi anche dotarti di scorte sufficienti per attendere, se è il caso, la finestra di bel tempo. La strategia giusta è portare con sé più cibo e carburante possibile, perché le previsioni del tempo non sono affidabili oltre i tre giorni. Ci siamo presi 30 giorni di tempo, di regola sono 20.

D. Il Denali è stata la salita di maggior soddisfazione? E quali sono i tuoi progetti futuri?

E’ stata la più bella e la più difficile. Spero presto di andare anche sul Cervino, che per difficoltà è superiore al Monte Bianco dal punto di vista alpinistico. E’ una montagna da arrampicare, non estrema ma comunque salirla significa arrampicare a 4000 metri di quota.


      Campo sul Denali

Mi piacerebbe anche fare il percorso del Mezza Lama sul Monte Rosa, maratona delle Alpi di sci-alpinismo, da Cervinia al Monte Rosa: 50 chilometri tutti sopra i 4000 metri di quota.

D. L’alpinismo è l’unica passione? Ti piace fare altro a contatto con la natura?

No, ho un bisogno fisico e psicologico di fare attività, può essere anche solo salire in bici sul monte Ortobene, ma devo fare attività per stare bene, e mi piace farlo in compagnia per condividere queste sensazioni con altre persone.

D. C’è qualcosa che ricordi particolarmente? Curiosa o anche spaventosa.

Proprio sul Denali ho avuto la conferma di come il fisico a volte sia indipendente dalla testa, dalla tua volontà. Eravamo quasi arrivati al campo 5, il più alto. C’era una cresta da attraversare e ad un certo punto non sono più riuscito a proseguire, non perché non volessi o fossi stanco, ma perché la mancanza di ossigeno mi rendeva poco lucido e mi impediva di proseguire. Ho chiesto ad Angelo di andare avanti perché abbandonasse quella cresta stretta e scomoda, io sarei restato fermo lì qualche minuto per ossigenarmi.  Poi Angelo è tornato indietro senza zaino per vedere se avessi bisogno di aiuto: io ero pronto, se fosse stato necessario, a bivaccare in quel punto, ma sono riuscito a proseguire. Poi è subentrato l’adattamento all’altitudine, i globuli rossi sono cresciuti e ho recuperato del tutto. Il giorno che abbiamo dato l’assalto alla vetta stavo benissimo, perché mi ero già acclimatato. Avevo sempre pensato che “volere è potere”, ma mi sono dovuto ricredere, se arriva la crisi è un problema.

Un altro aneddoto curioso è che per passare dal campo 4 al campo 5 c’era da abbandonare le slitte, perché non potevamo portarle su per 200 metri di corde fisse, e dovevamo trasferire il materiale negli zaini: per non appesantirci troppo avevamo deciso di portare con noi l’occorrente per 3 giorni: viveri, benzina e materiale da campo. Arrivati al campo 5 ci aveva colto il maltempo, era impossibile proseguire. Dopo 5 giorni chiusi in tenda non avevamo più viveri, eravamo rimasti solo con un risotto, e siamo dovuti ridiscendere per rifornirci di altro materiale, cibo e benzina. Stavolta siamo risaliti con scorte per molti giorni, e una volta rientrati alla tenda siamo rimasti bloccati per altri 3 giorni in tenda. Poi il tempo è migliorato e abbiamo potuto riprendere la salita.


     Verso la vetta

D. Come è stare per molti giorni chiusi dentro una tenda? Immagino sia terribile.

Il da fare non mancava, a parte che avevamo un libro, e molti film da vedere su un cellulare ricaricato con un pannello solare portatile,  avevamo un sacco di cose da fare che servono per la manutenzione di un campo: cucinare, sciogliere la neve per avere acqua potabile, spalare la neve dalla tenda, ripristinare i muretti di protezione dal vento. A quelle quote devi fare tutto molto piano, senza fretta, e la giornata passa. Certi gesti che consideriamo normali a quelle quote ti costano fatica e molto tempo perso, perché finchè il tuo organismo non si adatta sei debole. L’importante è non cedere al panico, l’esperienza fatta sulle Alpi ti serve a capire che certe situazioni sono passeggere, passano con l’adattamento alla quota.

D. Cosa ti piacerebbe fare ancora in Sardegna?

Sicuramente la salita del Cusidore, che come ho già detto assomiglia molto, per impegno, ad una scalata alpina. Un’altra cosa che mi piacerebbe fare è la scalata dell’Aguglia di Cala Goloritzè, per la via più bella e tecnica che è quella tracciata da Manolo.

D. Il Selvaggio Blu?

L’ho già fatto, è il trekking più bello, che si avvicina di più ad una situazione di alpinismo, nel senso che devi avere autosufficienza e adattarti a situazioni estreme. Comunque è bellissimo, lo vorrei rifare in maniera più rilassata e senza fretta, senza correre, per goderlo appieno.


Arrampicata a Su Gurruthone, Oliena (Santu cric, 6b).

D. alla fine di questo percorso, aspettando le prossime imprese, è inevitabile che si arrivi a conclusioni.  Quando verrà meno la prestanza fisica, cosa ti rimarrà dentro, sotto forma di esperienza e di ricordi?

Come ora mi piace condividere con altri queste passioni, un domani mi piacerebbe trasmettere tutto quello che ho imparato a dei giovani motivati e che hanno voglia e passione per mettersi in gioco e per vivere la montagna. Spero di prendere il brevetto CAI di istruttore di arrampicata, per poter accompagnare in montagna e nelle scalate altre persone, non come professionista ma come appassionato.



     Lungo il sentiero "Selvaggio Blu" a Baunei.